Sostenibilità in agricoltura al centro del convegno di Cia Imola
“Esiste un’agricoltura fatta di droni, meccanizzazione avanzata, ricerca colturale genetica e un’altra agricoltura più tradizionale, dove il vero valore aggiunto è il lavoro dell’agricoltore. Una figura che, purtroppo, appare sempre più invisibile, quasi che i prodotti della terra nascessero dal nulla, senza un impegno e lavoro costante.” Così Giordano Zambrini, presidente di Cia-Agricoltori Italiani Imola, ha aperto il convegno “La sostenibilità in agricoltura”, organizzato dall’associazione nei giorni scorsi a Castel San Pietro Terme. Un confronto tra rappresentanti istituzionali, politici ed esperti per parlare di un tema fondamentale per l’agroalimentare, considerando che tra gli obiettivi indicati nell’ AGENDA ONU 2030 molti riguardano da vicino il settore agricolo: cambiamenti climatici, fabbisogno d’acqua, alimentazione sana, lotta allo spreco e riduzione dei gas serra. Il tema della sostenibilità è stato dunque affrontato da diversi punti di vista, analizzando le azioni messe in campo sul territorio per favorirla. Un traguardo che, sempre secondo Zambrini, è diventato ormai imprescindibile per il settore.
“Le nostre aziende, la nostra agricoltura -ha continuato il presidente- non avranno futuro se politica, istituzioni, mondo imprenditoriale e tutti i soggetti che interagiscono su un territorio non si impegneranno per una sostenibilità concreta e forte dal punto di vista economico, ambientale e sociale. Non esiste un’altra strada per far ritornare davvero “primario” un settore che sembra, invece, diventato secondario.”
Anche Luana Tampieri, presidente dell’associazione Donne in Campo regionale, ha sottolineato l’importanza di uno sviluppo sostenibile, che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere le future generazioni.
“Dobbiamo lavorare -ha detto la Tampieri- sui tre pilatri della sostenibilità: praticare buone pratiche agricole per proteggere e recuperare gli ecosistemi; promuovere l’inclusione sociale attraverso un’educazione di qualità aperta e disponibile a tutti e naturalmente favorire la crescita economica, assumendo giovani ed eliminando le disparità di genere, perché nascano sempre più aziende consapevoli che l’economia deve essere circolare”.
Un tema, quello dell’economia ecosistemica, richiamato più volte nel corso del convegno, in particolare da Giuseppe Cornacchia del dipartimento economico Cia-Agricoltori Italiani nazionale, che ha fornito alcuni dati sul nostro agroalimentare. “Attualmente l’agricoltura italiana contribuisce al 7% delle emissioni di CO2, contro il 10% dell’Europa e il 12%. Per questo motivo bisogna tornare a un’agricoltura circolare sostenibile e non intensiva, che dia alla terra la capacità di produrre e riprodurre le condizioni di fertilità per le generazioni future. La buona agricoltura, infatti, è capace di alimentare, è sostenibile perché non intacca il capitale naturale, anzi è capace di migliorare l’ambiente perché una maggior sostanza organica nel terreno assorbe anidride carbonica; è competitiva perché fornisce reddito agli agricoltori. E badate bene, gli agricoltori non si lamentano a caso della mancanza di remunerazione, perché non solo in Italia, ma in tutta Europa, il reddito medio delle aziende agricole è molto più basso del reddito medio generale”.
La capacità reddituale delle aziende è un altro dei temi fondamentali emersi dagli interventi dei relatori presenti, ed è stato sottolineato anche da Andrea Segrè, attuale presidente Fondazione Fico e Fondazione E. Mach San Michele all’Adige (Tn). “Se non c’è la sostenibilità economica dell’impresa è molto difficile che possano esistere quella sociale ed ambientale -ha detto Segrè-. Occorre partire dalla redditività delle aziende e soprattutto bisogna parlare di sostenibilità non come cosa astratta, ma come fattore misurabile. Perché si possono misurare produzione, impatto sull’ambiente, ad esempio si può sapere dove vanno certe sostanze utilizzate anche per il biologico, e naturalmente impatto economico. Inoltre è fondamentale la ricerca scientifica su agricoltura di precisione e genoma editing, anche se naturalmente l’applicazione di queste innovazioni saranno anch’esse sostenibili, solo quando verrà invertita la tendenza di senilizzazione del settore agricolo. Importante, infine, il coinvolgimento di tutti i portatori di interesse di un territorio, perché un settore da solo non può portare un vero cambiamento, ma serve cercare un dialogo costruttivo, anche se è spesso un’impresa difficile”.
Nel corso del convegno sono intervenuti anche Fausto Tinti, sindaco di Castel San Pietro Terme e vice sindaco Città Metropolitana, che ha parlato dell’importanza dell’autonomia delle Regioni per consentire una migliore gestione delle risorse e sostenere i diversi settori economici per una produzione e commercializzazione più sostenibile dei prodotti.
Hanno chiuso il convegno tre interventi legati alla salvaguardia e valorizzazione dell’ambiente, soprattutto dove convive con il sistema agricolo. Sono interventi: Tiberio Rabboni, presidente GAL Appennino Bolognese, che ha parlato del biodistretto dell’Appennino e le azioni realizzate per la promozione del biologico; Antonio Venturi, presidente Ente Gestione per i parchi e biodiversità della Romagna, che ha spiegato la modalità di gestione del Parco dei Gessi, dove solo il 10-15% è pubblico e l’agricoltura convive, in maniera sostenibile, con aree naturalistiche protette e Mauro Bolognesi dell’associazione ambientalista Panda Imola, che ha parlato di un sistema agroalimentare che ha ovviamente un impatto sull’ambiente e che non deve superare certi limiti per garantire la salvaguardia degli ecosistemi.
Al termine del convegno Giordano Zambrini, nel ringraziare i relatori presenti e il pubblico, ha chiesto l’apertura di una “cabina di regia” tra istituzioni, associazioni, enti e privati per pianificare condividere un progetto di sviluppo del territorio imolese, all’insegna della sostenibilità.