Riso: Cia Piemonte, subito un piano europeo per salvare il settore
Da Vercelli l'appello della filiera al convegno dell'organizzazione con istituzioni e operatori
"Il riso non è solo una coltura, ma un presidio economico, culturale e ambientale del nostro Paese, che oggi rischia di essere sacrificato sull’altare di scelte politiche miopi e accordi internazionali squilibrati. Serve un cambio di passo, ora»: con queste parole Cristiano Fini, presidente nazionale di Cia Agricoltori italiani, ha concluso i lavori del convegno "La filiera del riso tra cambiamento climatico e commerciale", tenutosi ieri, sabato 13 settembre, nella suggestiva Cripta della Basilica di Sant’Andrea a Vercelli.
Un’occasione di confronto ad altissimo livello, che ha riunito i protagonisti dell’intera filiera risicola – dalla produzione alla distribuzione, passando per le istituzioni nazionali e locali – in un momento cruciale per il comparto. L’Italia, leader europea con oltre 226 mila ettari coltivati e una produzione di 1,4 milioni di tonnellate (90% tra Piemonte e Lombardia), si trova oggi ad affrontare una tempesta perfetta: aumento dei costi di produzione, calo dei prezzi, importazioni incontrollate (+17% da Paesi terzi), crollo dell’export e norme UE ambientali ritenute eccessivamente penalizzanti.
Nel suo intervento conclusivo, Fini ha delineato una roadmap in quattro punti per salvare il settore: aggiornamento dei dazi, fermi dal 2004; introduzione di una clausola di salvaguardia automatica e snella per fermare le importazioni incontrollate; applicazione effettiva del principio di reciprocità negli scambi internazionali; una PAC riformata, più vicina alle imprese, che investa in innovazione e nuove tecnologie (incluse le TEA).
«La clausola di salvaguardia attuale è lenta e inefficace. Serve un meccanismo rapido e automatico per un prodotto sensibile come il riso. E i nostri agricoltori non possono più subire una concorrenza sleale da chi produce con regole diverse e spesso inaccettabili – ha ribadito Fini –. Non chiediamo protezionismo, ma equità e buon senso». E ha lanciato un appello: «Dall’Italia deve partire una strategia europea condivisa per il riso. Non possiamo più aspettare».
A dare il benvenuto è stato Gabriele Carenini, presidente di Cia Piemonte e Valle d’Aosta, che ha sottolineato la centralità del territorio nel panorama europeo. «Oggi, da Vercelli, capitale europea del riso, parte un confronto concreto, con relatori che rappresentano tutta la filiera, dalla produzione alla grande distribuzione. Un’occasione per leggere con chiarezza l’andamento dei mercati, l’evoluzione dei consumi e il pericolo delle importazioni senza regole», ha detto Carenini, evidenziando l’urgenza di scelte politiche in grado di tutelare la qualità e il reddito degli agricoltori.
Decisamente pragmatico l’intervento dell’assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte, Paolo Bongioanni, che ha puntato tutto su innovazione e ricerca: «Senza questi due pilastri, le nostre aziende non riusciranno a vulnerare i mercati e affrontare i cambiamenti climatici e le fitopatie. Lo abbiamo già visto con la Tonda Gentile, che ha subito un tracollo perché non abbiamo saputo rinnovare e prevenire».
Importanti gli annunci dell’assessore: dalla firma del primo protocollo di ricerca congiunto con la Lombardia sul riso, che avverrà nei prossimi giorni a Cheese, alla presentazione – entro novembre – della riforma del sistema di gestione irrigua, ferma da decenni. Inoltre, Bongioanni ha annunciato l’apertura, nel 2026, di una nuova sede della fondazione Agrion a Vercelli, dedicata proprio alla ricerca sul riso.
Sulla questione dei pagamenti agricoli, l’assessore ha promesso una svolta: «Abbiamo dato mandato ad Arpea di collaborare con Agea per velocizzare le erogazioni, troppo lente in passato».
Tra i saluti istituzionali, anche il sindaco di Vercelli Roberto Scheda e il presidente della Provincia Davide Gilardino.
Nella relazione introduttiva, Roberto Magnaghi, direttore generale dell’Ente nazionale Risi, ha tracciato un quadro dettagliato: «Dal 2010 ad oggi, l’Ue ha perso 80.000 ettari coltivati e 350.000 tonnellate di produzione, mentre i consumi sono saliti di 400.000 tonnellate e l’import di 750.000 tonnellate. I dati ci dicono che il mercato c’è, ma manca una politica commerciale che tuteli davvero la produzione europea».
Magnaghi ha anche evidenziato le gravi distorsioni del mercato: «Il riso importato dal Myanmar, ad esempio, arriva oggi a 346 €/t CIF Nord Europa, con un crollo di oltre 340 euro rispetto al 2024. Ma da quei Paesi importiamo prodotti ottenuti con fitofarmaci vietati in Ue e con pratiche non sostenibili. Non chiediamo barriere, ma condizioni di concorrenza eque».
Infine, ha ricordato come nel 2025 si attenda una produzione nazionale record da 1,5 milioni di tonnellate, a fronte però di stock crescenti (+64.000 t nell’industria, +62.000 t nei campi), a dimostrazione della difficoltà nel collocamento.
La tavola rotonda ha visto una partecipazione di altissimo livello, con la presenza del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, e del sottosegretario all’Agricoltura, Patrizio Giacomo La Pietra, oltre ai rappresentanti dell’intera filiera: Natalia Bobba (Ente Risi), Mario Francese (Associazione Industrie Risiere Italiane), Alessandro Neri (Coop Italia) e Giovanni Daghetta (responsabile nazionale Settore riso di Cia).
Nel corso del dibattito, moderato dal giornalista Osvaldo Bellino, sono stati toccati tutti i temi chiave del comparto: il ministro Pichetto Fratin ha affrontato i temi del deflusso ecologico e della normativa sul fotovoltaico in agricoltura, su cui il suo Ministero è pronto a confrontarsi per evitare danni alla produzione; il sottosegretario La Pietra ha raccolto le richieste emerse dal documento unitario della filiera, sottolineando la necessità di una nuova politica commerciale europea basata su dazi equi e sul rispetto delle normative sanitarie e ambientali; il rappresentante dell’industria, Francese, ha evidenziato il rischio di un nuovo calo dei prezzi a causa delle alte rimanenze e si è interrogato sulla necessità di una maggiore organizzazione dell’offerta produttiva; Neri, in rappresentanza della grande distribuzione, ha posto l’accento sull’attenzione crescente del consumatore per l’ambiente, ma anche sulla necessità di comunicare meglio il valore del riso italiano; la presidente di Ente Risi, Bobba, ha descritto lo stato di salute della filiera e le iniziative dell’Ente Risi per affrontare il climate change e i nuovi consumi; Daghetta ha infine ribadito le priorità della produzione agricola, ponendo interrogativi sulla tenuta dell’attuale struttura di mercato del riso in un contesto profondamente cambiato.
Il convegno si è chiuso con un segnale forte e condiviso: la necessità di un patto tra politica, istituzioni e filiera per salvaguardare la risicoltura italiana ed europea. Un settore che, come ha ricordato il presidente Fini, “non chiede protezioni, ma regole giuste, investimenti in ricerca e rispetto per chi produce qualità nel rispetto dell’ambiente”.