Riforma fisco: Caf-Cia, ampliare gettito Irpef e rivedere imposte sostitutive
Necessario per garantire equità e progressività
Proposte per un nuovo fisco arrivano dal Caf di Cia-Agricoltori italiani, struttura cui fanno capo un milione di clienti e 1.300 sedi in tutta Italia.
Allo stato attuale, i punti fermi evidenziati dal Governo rispetto alla riforma fiscale sono: sistema basato sul principio della progressività; riforma organica senza modificare le singole imposte; legge delega entro il 31 luglio che terrà conto del lavoro svolto finora dalle Commissioni Finanze di Camera e Senato. “Pensiamo che la riforma dovrebbe coinvolgere anche i regimi fiscali sostitutivi che hanno via via eroso la base imponibile della vecchia Irpef (che resta la principale fonte di gettito) -dichiara il presidente di Caf-Cia, Alessandro Mastrocinque-. Tema scottante in un momento storico in cui le partite Iva, per citare l’esempio più attuale, risultano duramente colpite dalla crisi pandemica”.
Più in dettaglio, continua Mastrocinque, “le imposte sostitutive generano un gettito di 22,7 miliardi, ed è impensabile ipotizzarne una cancellazione dell’oggi al domani, ma a voler essere coerenti con l’idea di una riforma incentrata sul principio della progressività, bisognerà procedere a un complessivo ripensamento anche dei regimi sostitutivi, senza immaginare di limitarsi alle sole aliquote. Lo diciamo numeri alla mano: a parità di reddito tra lavoratori, gran parte degli autonomi (per loro imposta sostitutiva del 15% -l’impropria flat tax- estesa dalla legge di Bilancio 2019 ai ricavi fino a 65mila euro), paga un’Irpef molto minore rispetto ai dipendenti. È palese che il Governo, su questo, dovrà assumere una scelta chiara ed equa, che non può avere nel novero dei suoi cittadini, nicchie di agevolazioni in barba al principio della progressività”.
Oggi “i forfettari, che non applicano neanche Irap, Iva e addizionali Irpef, sono più di 1,5 milioni, almeno il 30% delle partite Iva totali. A beneficiare maggiormente di questa ‘flat tax’ sono gli autonomi con un fatturato quanto più vicino alla soglia dei 65mila euro e un alto coefficiente di redditività, perché riescono a sottrarre alla progressività dell’imposta un reddito maggiore. Inoltre, col passare del tempo e con le proroghe concesse nelle varie leggi di stabilità, il sistema ha indotto le piccole imprese a rimanere nel sistema agevolativo, divenuto un disincentivo alla crescita delle imprese e dell’economia -continua il presidente del Caf di Cia-. Di fatto, nel nostro Paese c’è un sistema ibrido tra dipendenti e autonomi, con una larga fetta di base imponibile esclusa dalla progressività dell’Irpef”.
“Il sistema dell’Irpef che è basato su un meccanismo di progressività per scaglioni, prevede specifiche detrazioni, in funzione del reddito e dei carichi familiari. Anche qui -conclude Mastrocinque- non si può immaginare di intervenire solo sulle aliquote, ma va ripensato l’intero impianto, senza colpire le fasce più deboli, ma neppure eliminando il meccanismo delle detrazioni che in molti casi (vedi le ristrutturazioni edilizie o gli interessi sul mutuo) fungono anche da volano per l’economia, e altre (spese mediche o spese istruzione) hanno una importante funzione sociale”.