Olio: Cno, settore perde terreno, tutelare Made in Italy
A Viterbo il punto del Consorzio Nazionale degli Olivicoltori su criticità e punti di forza
Non è un momento facile per la produzione olivicola italiana. Fare impresa nel mondo olivicolo è una missione impossibile. in un anno un'azienda media di 10 ettari di oliveto ha visto perdere oltre il 30% del proprio fatturato. Colpa di un pericoloso mix dato dall'instabilità delle quotazioni sul mercato e un clima che non sta facendo sconti a nessuna Regione. A lanciare l'allarme del settore è il Cno, Consorzio Nazionale degli Olivicoltori che a Viterbo ha riunito intorno al tavolo imprenditori e istituzioni.
Un'azienda di 10 ettari vendendo la produzione di olio a maggio 2017 incassava 36 mila euro che diventavano 25 mila euro il mese scorso, 11 mila euro in meno. La quotazione media nel 2016 è stata di 1 quintale di extravergine era di 356 euro, passata nel 2017 a 605 euro ma tornata nel 2018 a 407 euro.
"Ci sarà solo abbandono dei campi -ha commentato Gennaro Sicolo, presidente Cno- altro che ricambio generazionale. Chiediamo al Ministero di aprire un Tavolo con tutta la filiera per mettere in campo una progetto concreto sulla base delle esigenze reali del settore. Gli orientamenti della Commissione Ue sulla riforma Pac non danno alcuna risposta al problema della volatilità delle quotazioni - ha precisato Sicolo - chiediamo l'attivazione di misure di mercato e, come avviene negli Stati Uniti, proponiamo politiche per stabilizzare i redditi degli agricoltori, magari ricorrendo a cosiddetti aiuti anticiclici".
“Stiamo perdendo terreno ma occupiamo ancora una posizione di assoluta preminenza che nei prossimi anni è necessario consolidare - ha sottolineato il Presidente del CNO, Gennaro Sicolo -. Ogni anno l'Italia esporta in media 350.000 tonnellate di olio di oliva, per un giro di affari complessivo di circa 1,6 miliardi di euro, mentre la Spagna esporta tre volte di più in termini di volumi ed il doppio in valore (3,2 miliardi di euro)”.
Il commercio mondiale di olio di oliva sta crescendo a ritmi impressionanti e l'Italia non può permettersi di lasciare le notevoli opportunità commerciali che si aprono ai propri concorrenti storici, come la Spagna, e nuovi, come la Tunisia ed il Portogallo. Un’analisi quantitativa eseguita dal CNO ha evidenziato risultati chiari: dal 2000 ad oggi le importazioni del Brasile sono triplicate, quelle del Canada raddoppiate ed il Giappone importa 2,5 volte in più rispetto all'inizio del secolo. La Cina, che nel 2000 importava meno di 500 tonnellate di olio di oliva, oggi introduce sul proprio territorio oltre 50.000 tonnellate. Gli Stati Uniti restano invece il più importante Paese importatore di olio di oliva: dall’inizio del nuovo millennio ad oggi, gli acquisiti americani sono aumentati del 65% e il prodotto italiano ha una quota di mercato del 35%, in netto calo rispetto al 2000 quando il 76% di olio importato dagli Stati Uniti proveniva dal Bel Paese.
“Questi dati sono da interpretare con attenzione, perché da un lato rappresentano un monito, per effetto delle occasioni che stiamo perdendo, dall'altro ci dicono che è possibile recuperare il terreno, facendo leva sul concreto punto di forza nazionale che è la qualità -ha continuato Sicolo-. Chiediamo al Ministro Centinaio e alla Sottosegretaria Pesce, che in questi primi giorni stanno mostrando grande attenzione verso il nostro settore, di valorizzare il Made in Italy reale, quello che viene dal grande patrimonio produttivo olivicolo italiano, di tutelare l’extravergine d’oliva da tutte le frodi e contraffazioni e dalle invasioni pacifiche, quali quelle di olio tunisino, che rischiano di mettere a repentaglio il futuro del nostro settore”, ha concluso Sicolo.