10 Dicembre 2025

Latte: Cia Padova, giù il prezzo. A rischio 400 allevamenti dell'Alta

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Negli ultimi due mesi il prezzo del latte, ovvero quanto viene riconosciuto ai produttori, è passato da 68 centesimi, in media, al litro, agli attuali 48 centesimi. Fra gli allevatori dell’Alta, la zona tradizionalmente più vocata della provincia, è di nuovo allarme rosso. “Come ai tempi del Covid, quando il settore si è bloccato a motivo dello stop dell’Horeca”, sottolinea Cia Padova. Quest’altalena di prezzi sta creando scompiglio in un comparto che solo da qualche tempo si stava riprendendo dagli effetti nefasti della pandemia.

Fra le motivazioni di questo crollo repentino (-30% in sessanta giorni), precisa Cia Padova, “una produzione di latte in eccesso sia su scala europea che mondiale, consumi rallentati e importazioni che, di conseguenza, hanno spinto ancora più in basso le quotazioni”. In un quadro tanto complesso, l’accordo sul prezzo del latte raggiunto lunedì sera al tavolo fra il ministero dell’Agricoltura e le associazioni di categoria rappresenta uno spiraglio: a gennaio, ai produttori, verranno corrisposti 54 centesimi al litro, a febbraio 53 centesimi, a marzo 52 centesimi. L’Alta, per l’appunto, è l’area che sta risentendo maggiormente di tale ulteriore crisi. Qui sono presenti quasi 400 allevamenti con vacche da latte “certificati”, per complessivi 50mila capi. Il Comune col più alto numero di allevamenti è Gazzo: 73, per complessivi 3.953 capi. A seguire San Pietro in Gù – 60 allevamenti, 4.133 capi – e Piazzola sul Brenta, 47 allevamenti, 1.266 capi. Il fatturato annuo, a livello provinciale, supera gli 80 milioni di euro. Tuttavia, questi scossoni potrebbero far rivedere al ribasso la stima dello stesso fatturato dell’anno in corso.

“Abbiamo raggiunto un punto di non ritorno -osserva il direttore di Cia Padova, Maurizio Antonini-. In queste condizioni i produttori rischiano di lavorare in perdita. Gli allevamenti, peraltro, non sono come delle fabbriche, nella quali è possibile tagliare sui costi fissi per tentare di risparmiare”. “Non chiudono mai, festività comprese, le spese restano ingenti. Se il trend non dovesse arrestarsi, tante attività potrebbero addirittura venire dismesse”. Come se non bastasse, ancora prima del tracollo gli allevatori avevano dovuto fronteggiare l’impennata del costo dell’erba medica, importante foraggio per il bestiame, apprezzato per l’elevato contenuto di proteine, vitamine, minerali e fibra. A causa dei cambiamenti climatici, con fasi di siccità alternate a nubifragi, in Veneto ne è stata raccolta poca: un quintale costa 25 euro, quando il prezzo medio è di 18 euro al quintale. “Storicamente la filiera del latte è molto impegnativa. Questa batosta non ci voleva. Continueremo a portare la questione nelle sedi opportune, ne va della sopravvivenza stessa del comparto”, conclude Antonini.