03 Aprile 2024 | dal Territorio

Cia Toscana: su Piano Faunistico Venatorio subito azioni concrete e rapide

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Il sovrannumero di cinghiali, ungulati e animali selvatici, sono sempre più un’emergenza non rimandabile per l’agricoltura Toscana. La fauna selvatica supera abbondantemente il livello di sostenibilità territoriale, come da anni evidenzia la Cia-Agricoltori Italiani della Toscana.

In riferimento alla proposta del Piano Faunistico Venatorio, la Cia Toscana evidenzia alcune criticità e miglioramenti, ricordando che deve essere attuato in maniera tempestiva, ed avere tra gli obiettivi prioritari quello di rispondere alle esigenze del mondo agricolo, che in molte aree della toscana, sconta evidenti difficoltà di convivenza con la fauna selvatica.  

Questa situazione nel contesto attuale viene ulteriormente aggravata per in ruolo che gli animali selvatici spesso rivestono in termini di diffusione delle epizoozie, e pur non avendo una competenza specifica su tali aspetti, il nuovo piano nel determinare gli obiettivi, ed in particolar modo nell’attività di monitoraggio riguardante il raggiungimento degli stessi, dovrà tener conto anche di questo elemento, che per l’attività agricola, ed in particolar modo per quella allevatoriale, rischia di essere ancor più determinante rispetto al danno diretto che la presenza della fauna selvatica può provocare.

Gli agricoltori per salvaguardare le proprie produzioni hanno bisogno di tempi celeri e certi rispetto all’attività di controllo, oltre al rafforzamento dell’attività stessa soprattutto in considerazione del numero di cacciatori in forte calo, che in maniera sempre minore potrà contribuire a garantire il necessario equilibrio, attraverso l’ordinaria attività venatoria. Ma anche chiarezza dei termini e delle modalità con le quali vengono svolte le azioni; efficacia degli interventi nell’azione di difesa delle colture e nel ripristino degli equilibri dell’ecosistema.

Per quanto riguarda l’attività delle Atc -come evidenziato per la stesura del PFV- nello svolgimento del proprio ruolo, devono mettere in correlazione in maniera funzionale gli aspetti prettamente venatori, con la presenza dell’attività agricola. Per questo è necessario il coinvolgimento e la condivisione delle scelte con il mondo agricolo stesso, che non deve limitarsi alle sole ATC, ma deve riguardare tutta la filiera delle scelte a partire dal livello regionale.

E’ inoltre necessario mettere in sicurezza il territorio rurale, non solo in termini di salvaguardia delle produzioni e della sostenibilità economica delle imprese, ma per garantire anche attraverso la sopravvivenza delle stesse, il necessario sostegno sociale ed ambientale a queste aree marginali.

È assolutamente evidente come gli animali risultino in sovrannumero e l’obiettivo della tutela delle attività agricola può essere raggiunto solo attraverso la messa in atto delle forme di caccia, di selezione, di prelievo, di contenimento e di abbattimento, che abbiano lo scopo di riportare la presenza della fauna selvatica, in particolare degli ungulati a densità massime “effettivamente” sostenibili, pertanto ben al di sotto dei 2,5 capi ogni 100 ettari. Per il raggiungimento di questo obiettivo, segnaliamo inoltre un’evidente criticità rappresentata dalla drastica diminuzione del numero dei cacciatori, e dall’innalzamento dell’età media degli stessi, che coniugata con un’assegnazione di zone di caccia molto ampie non consente -in particolar modo per la specie cinghiale- un adeguato controllo di tali territori.

In merito agli obiettivi specifici di gestione della fauna selvatica, crediamo che l’attenzione deve essere rivolta in primo luogo agli ungulati -ed in particolar modo ai cinghiali- e successivamente alla piccola fauna.

In tema di valorizzazione della risorsa fauna e dalla filiera delle carni, pur condividendo la strategia complessiva, evidenziamo la necessità di rafforzare ed uniformare nei territori il sistema dei centri di sosta e di lavorazione, in modo che possa essere garantito non solo il monitoraggio e la tracciabilità dei capi cacciati, ma anche il rafforzamento degli elementi di controllo rispetto alla trasmissione di patologie che possono avere ripercussioni importanti - in primo luogo - verso il sistema allevatoriale.

Sulla prevenzione dei danni è necessario intraprendere ogni azione che possa portare a questo risultato, anche se rimaniamo convinti che la cosa più funzionale sia ristabilire la pressione della fauna sui territori. A margine degli aspetti legati a questo strumento, è necessario lavorare affinché per il danno subito venga riconosciuto il giusto risarcimento, attraverso procedure semplificate e tempistiche adeguate. Su questo tema, con particolare riferimento alle aree protette, è necessaria un’azione sul piano politico istituzionale, per scardinare l’attuale meccanismo di riconoscimento di tali danni che prevede l’applicazione del regime “de minimis”, che oltre al danno all’agricoltore, aggiunge la beffa.

Per quanto riguarda le ZRC, già dalla lettura del piano emerge la scarsa efficacia delle stesse rispetto agli obiettivi previsti, considerando inoltre che in tali aree si concentrano spesso numerosi ungulati e che l’attivazione dell’art. 37 è difficoltosa, riteniamo che oltre a tutelare le realtà che hanno raggiunti buoni risultati, l’iniziativa delle ATC, non solo debba essere valutata in maniera puntuale attraverso un monitoraggio continuo ed efficace, ma devono essere intraprese in maniera tempestiva le azioni necessarie alla revoca dell’autorizzazione e/o alla trasformazione. I tre anni di riferimento per la valutazione non devono essere vincolati all’adozione del nuovo piano, ma ai risultati dell’attività già svolta.

Cia ritiene che sia necessario prendere evidenza di come i cambiamenti climatici influiscano sulle abitudini degli animali e sullo svolgimento dell’attività venatoria. E’ utile un approfondimento del calendario di caccia, in modo da favorire i necessari accorgimenti, che possano essere utili all’ottimizzare e l’efficacia stessa dell’azione, favorendo una convivenza sostenibile, in primis, con il comparto agricolo. Serve un monitoraggio continuo, conclude la Cia Toscana, anche per la situazione dei predatori.