Cia Padova: nella Bassa perso fino al 90% delle mele per malattia fungina
Disastro causato dal colletotrichum acutatum che aumenta con il caldo umido
Nella Bassa perso fino al 90% delle mele, la cui raccolta è iniziata da pochi giorni, a motivo del colletotrichum acutatum, una malattia fungina che si sviluppa col caldo umido.
“È un disastro -sottolinea Cia Padova-. Da tre anni a questa parte, in particolare, la situazione ha superato il livello di guardia”. Mario Tabarelli è uno storico produttore di mele bio di Masi: “La comunità scientifica sta studiando dei rimedi; al momento, però, non sono state trovate delle soluzioni adeguate”. A maggior ragione relativamente ai terreni biologici, nei quali, per legge, non possono venire utilizzati determinati agenti chimici.
“Qui non si tratta di una macchia di marciume sulla singola mela -spiega lo stesso Tabarelli- ma di un’epidemia che sta letteralmente distruggendo la stragrande maggioranza dei frutti, indipendentemente dalla varietà”.
Dopo anni di infezione, una fra le contromisure è addirittura l’estirpazione delle piante ammalate e la messa a dimora di nuove piantagioni, con un conseguente aumento dei costi. L’infezione stessa, difatti, ha la capacità di insinuarsi, per poi rimanere, nelle gemme che sbocceranno successivamente. Tra l’altro, spiega Tabarelli, “non basta togliere le mele ammalate, bisogna pure ripulire il terreno dove sono cadute. In pratica, non deve rimanere il minimo segno di marciume. Altrimenti il rischio è la propagazione della malattia, appunto da un anno all’altro”.
La questione è monitorata dal Servizio Fitosanitario di Padova e Bologna: “Ci auguriamo che la scienza ci fornisca presto degli strumenti ad hoc finalizzati a debellare il colletotrichum acutatum. Nel frattempo, tentiamo di portare avanti l’attività con i pochi strumenti che abbiamo a disposizione. Di certo -aggiunge Tabarelli- non è possibile vendere un prodotto di questo tipo”.
“Il comparto frutticolo della Bassa è attraversato da una tempesta perfetta -osserva il presidente Cia della zona Este-Montagnana, Emilio Cappellari-. Prima gli attacchi della cimice asiatica, ora gli effetti nefasti dei cambiamenti climatici, con frequenti grandinate, e questa malattia che sta colpendo le mele”.
“Sempre di più stiamo portando avanti un’agricoltura di resistenza, con una miriade di incognite sullo sfondo -osserva Cappellari-; alle istituzioni chiediamo un supporto concreto, non tanto e non solo in termini di rimborsi, piuttosto con scelte che vadano nella direzione di una valorizzazione del settore del primario”. Irrisolto, infine, il grande tema della redditività: “Fatto 100 il prezzo di un prodotto reperibile sugli scaffali di un supermercato, all’imprenditore agricolo resta, se gli va bene, poco più del 10%. Ecco perché da diverso tempo domandiamo al mondo della politica degli interventi forti e risolutivi”.