Cia Padova, allevatori in difficoltà: prezzi del latte in picchiata
La situazione sempre più preoccupante, nonostante l'aumento delle vendite dei prodotti lattiero caseari
“La situazione è disperata. In questo momento le latterie ci stanno imponendo l’acquisto del latte di nostra produzione a 30 centesimi al litro, quando il prezzo per andare a pari è di 39 centesimi al litro. Ciò significa che stiamo lavorando in perdita”.
La testimonianza è di Michael Salvò, uno dei soci dell’impresa agricola Salvò di Maserà. L’azienda detiene 100 capi e, come tutti gli altri 900 allevamenti che si trovano in provincia, sta cercando di resistere in una congiuntura particolarmente sfavorevole a motivo dell’emergenza sanitaria appena passata.
Per oltre due mesi il macrosettore Horeca (Hotellerie-restaurant-café o catering) è stato completamente bloccato: nessun cappuccino, ma nemmeno pizze e piatti a base di derivati del latte. Uno stop totale, che sarà difficilmente recuperabile da qui alla fine dell’anno in corso.
Secondo lo stesso Osservatorio del latte Ismea, il crollo dei prezzi (dai 39 centesimi al litro dell’inizio del 2020, ai 30 centesimi attuali, -21%) è imputabile pure alle minori richieste dei caseifici per mancanza di addetti e per le limitazioni degli spostamenti fra marzo ed aprile, la cui onda lunga, tuttavia, è percepibile ancor oggi. Peraltro, sottolinea Ismea, “la corsa all’accaparramento da parte delle famiglie nei supermercati durante il lockdown non ha compensato la chiusura del canale Horeca, da cui normalmente si realizza il 60% del valore dell’intera filiera”. Passata l’emergenza, viene comunque rilevato un andamento in chiaroscuro per prodotti quali mozzarelle e latte fresco e le materie grasse (burro e creme). La riapertura di ristoranti, bar, pizzerie e pasticcerie, avvenuta un mese fa, non ha contribuito ad un vero e proprio rimbalzo del comparto, spiega Cia Padova.
“Di fatto, molte strutture ricettive non hanno ancora alzato le serrande – commenta Salvò – Gli allevamenti che hanno dei debiti rischiano di chiudere i battenti, le prospettive in termini di ripresa non sono per nulla buone. C’è poi la questione del latte straniero. Quello proveniente dai Paesi dell’est, ad esempio, viene comprato in Italia a 25 centesimi al litro. Chiaro che l’imprenditore preferisce l’estero al mercato interno. Non ci stiamo più dentro con le spese”.
Un’altra significativa testimonianza viene da Matteo Tellatin, 27 anni, da quattro anni titolare dell’azienda agricola T Farm di Tezze sul Brenta; la sua attività, però, gravita nell’Alta Padovana. “Ci sono stati imposti dei prezzi fuori mercato, con picchi al ribasso di 28,8 centesimi al litro – commenta – Proprio in questi giorni stiamo registrando una timida risalita: è fisiologico, all’inizio dell’estate la produzione diminuisce a causa dello stress da caldo delle vacche, e di conseguenza il valore cresce. Una soluzione? Siamo chiamati a fare rete nei confronti delle multinazionali per chiedere un equo prezzo”.
Al fine di risollevare il settore, Cia Padova propone una campagna di incentivi ad hoc da parte dello Stato a favore di chi acquista latte made in Italy. “All’estero i costi della manodopera sono molto più bassi, gli operai sono sottopagati – puntualizza il direttore di Cia Padova, Maurizio Antonini - Serve dunque un’azione forte per valorizzare la nostra filiera: è sicura, buona e genuina”.
“Ismea illustra che nel primo trimestre del 2020 – aggiunge – sulla scia di quanto si è verificato per l’intero agroalimentare a seguito dell’emergenza covid, anche le vendite dei lattiero-caseari sono risultate in aumento del 7% rispetto allo stesso periodo del 2019”. I consumi del latte uht a lunga conservazione si sono impennati (fino ad un +36%) poiché le famiglie hanno preferito diradare il numero di visite al supermercato. “Paradossalmente, il guadagno per gli allevatori è andato sotto zero. Verosimilmente vi sono state delle azioni speculative a loro danno. Purtroppo è difficile da ipotizzare un’inversione di tendenza a breve termine”. Attualmente i magazzini sono saturi e quindi i caseifici non ritirano il latte per destinarlo alla trasformazione. “La misura presa dalla Commissione Europea, che prevede lo stoccaggio privato per il settore lattiero-caseario e delle carni è una buona forma di sostegno – prosegue Cia - Questo regime di aiuto all'immagazzinamento consentirà il ritiro temporaneo dei prodotti dal mercato fino a 5-6 mesi”.
“Per quanto riguarda una ripresa definitiva, molto dipenderà da una consolidata riapertura delle attività di ristorazione e dal ritorno dei flussi turistici tanto in Veneto che in Italia. Fondamentale, inoltre, il mantenimento delle posizioni acquisite negli anni sui mercati esteri, oltre che l’apertura di nuovi sbocchi. La pandemia ci ha insegnato che siamo chiamati a percorrere delle strade alternative. Invito le famiglie – chiosa il presidente di Cia Padova, Roberto Betto – a dare una mano ai nostri imprenditori. Sosteniamo le nostre eccellenze per far ripartire la filiera agroalimentare locale”.