Cia Grosseto: le aree interne meritano un futuro, non una lenta ritirata
La Confederazione torna a chiedere attenzione per territori dove i costi di vita e di produzione sono più alti, i servizi scarsi e le infrastrutture spesso inadeguate
Capecchi non usa mezzi termini. A suo dire, l’idea che si possa “gestire” la scomparsa delle aree interne con qualche piano calato dall’alto equivale, nei fatti, ad accettarne la fine. E con essa, la perdita di intere comunità, tradizioni, economie locali e del patrimonio ambientale che questi territori custodiscono. "Pensare di rinunciare a queste zone -spiega- è un errore che pagheremo caro, tutti".
Per Cia Grosseto, le zone collinari e montane – dove si concentra il cuore agricolo della Maremma – danno molto più di quanto ricevono. Producono cibo sano, presidiano il territorio, conservano tradizioni. Ma chi le abita affronta costi e disagi continui: strade provinciali e comunali spesso dissestate, infrastrutture carenti, e strade consortili fondamentali – che portano a case e agriturismi – interamente a carico dei residenti.
"Chi ci vive paga almeno il 50% delle spese, anche se si tratta di vie di fatto pubbliche, percorse da turisti, fornitori, operatori, perché portano non solo alle abitazioni, ma anche a imprese agricole e strutture ricettive", denuncia Capecchi.
Lo stesso vale per gli acquedotti consortili, con chilometri di tubazioni che attraversano terreni, campi, ponti e boschi per raggiungere le case. "Quando c’è una rottura -racconta- l’acqua si disperde per giorni, spesso prima ancora che il guasto venga individuato. Ma il costo dei metri cubi persi e delle riparazioni resta comunque a carico dei consorziati". Un altro aspetto critico riguarda lo smaltimento delle acque reflue. Nelle campagne ogni famiglia deve costruire e gestire la propria fossa IMHOFF, con costi elevati e totale responsabilità privata. "In città questi servizi sono pubblici, qui ce li paghiamo da soli", sottolinea Capecchi.
Anche istruzione e sanità rappresentano una sfida quotidiana. I ragazzi percorrono decine di chilometri per frequentare le scuole o anche solo per raggiungere la fermata del pullman. In molti casi, i genitori devono lasciare il lavoro per accompagnarli, specie nei mesi invernali. Lo stesso vale per i servizi sanitari, spesso distanti e difficili da raggiungere. Tutto questo si traduce in un costo umano ed economico rilevante.
C’è poi la questione della rappresentanza politica. "Sulla carta è proporzionata, ma chi amministra territori vasti come i nostri ha bisogno di una presenza attiva, capace di conoscere e ascoltare davvero chi vive in queste zone. Serve una rappresentanza politica che abbia il coraggio di prendersi carico, concretamente, delle criticità di questi territori".
A fronte di tutto questo, le risorse disponibili per le amministrazioni locali sono sempre più scarse. Province e Comuni riescono a malapena a garantire i servizi minimi. E così, mentre le aree marginali si svuotano, anche le cosiddette “aree di mezzo” iniziano a risentirne e a breve diventeranno loro le prossime aree marginali.
"È un processo che coinvolge tutto il Paese -avverte Capecchi- e che porta con sé degrado, incendi, perdita di biodiversità da un lato, e maggiore pressione sulle città dall’altro".
Cia Grosseto chiede un cambio di passo: "Non servono piani calati dall’alto -conclude Capecchi-, ma politiche mirate, strumenti concreti e una visione strategica che rimetta al centro questi territori. La vera sfida è rilanciarli, non accompagnarli verso l’abbandono".