Cia Belluno: per superfici a pascolo delle malghe serve sistema oggettivo
Procedura attuale di definizione è penalizzante
La superficie a pascolo di una malga? Calcolata con le foto aeree. Ma tra pendenze estreme, presenza del bosco e ombre, l’area appare sempre considerevolmente più piccola di quella che è in realtà. Risultato? Il premio riconosciuto da Avepa agli agricoltori è sempre più basso del dovuto e in molti rinunciano, abbandonando l’attività.
È questa, in estrema sintesi, la situazione che si verifica nelle aree montane del Bellunese e denunciata dalle associazioni agricole durante l’ultima edizione di Agrimont.
“Queste foto -spiega il presidente di Cia Belluno Rio Levis- vengono aggiornate ogni tre anni. Ma come dicevo, ci sono troppi elementi che concorrono a falsare il risultato. AVEPA ha reso disponibile una app per fare autonomamente le rilevazioni fotografiche delle superfici contestate. Ma non è installabile su tutte le tipologie di smartphone, l’uso richiede una certa predisposizione, una manualità non posseduta da tutti gli agricoltori. E poi si può accedere soltanto con lo Spid (non posseduto da tutte le aziende). Questo si traduce in un rischio per i nostri agricoltori: nel 2023-27 partiranno il nuovo Psr e la nuova Pac. Se non vengono definite chiaramente le superfici ammesse, ci troveremo che al terzo o quarto anno le aziende si trovino a dover restituire delle somme aggravate da sanzioni: così l’agricoltore lavorerà sempre in perdita”.
Qualche settimana fa c’è stato un incontro in Regione per capire se ci sono soluzioni alternative. È stato comunicato che verranno istituite le PLT (Pratiche Locali Tradizionali), che altro non sono che un riconoscimento della specificità di un certo territorio: ci sono infatti delle percentuali che fissano la parte a bosco e la parte a pascolo.
Ma Cia Belluno va oltre, proponendo una soluzione. “Chiediamo -conferma Levis- che ci sia un sistema oggettivo di definizione, partendo dalle malghe di proprietà pubblica, il cui affitto è legato alla parte pascolabile. Deve essere l’ente pubblico che certifica la superficie pascolabile, al momento della stesura del contratto, dettandone le regole per il mantenimento. In questo modo si responsabilizza la proprietà ed il dato così ottenuto andrà a costituire una sorta di catasto delle malghe, che anche Avepa potrà utilizzare per calcolare il premio da pagare. In Trentino già funziona così: proviamo anche noi”.