20 Maggio 2005
Conclusioni del Presidente Giuseppe Politi
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Vorrei concludere brevemente questo interessante dibattito dicendo che se noi vogliamo difendere i prodotti di qualità, se vogliamo difendere l'agricoltura, è necessario avere un progetto, realizzare le giuste intese, sviluppare le politiche di filiera, quindi mettere assieme tutti i soggetti che a vario titolo hanno interesse e che ricavano valore dal rapporto con l'agricoltura. A me piace richiamare questo dato: l'agricoltura pesa per il 2,7% della plv complessiva, ma arriva a sviluppare, nel processo finale, circa il 16% della plv complessiva; dunque l'agricoltura crea ricchezza, crea valore, crea economie, crea ricchezza anche per gli altri, e questo ci fa capire come sia necessario definire, anche al nostro interno, delle regole tra i diversi soggetti. Ci vuole più fermezza nel difendere gli interessi dell'agricoltura.
Voglio fare un esempio evidente: le ambasciate hanno gli addetti agricoli, abbiamo qui oggi gli addetti agricoli delle ambasciate australiana e del Sud Africa; mi capita spesso di dialogare con gli addetti agricoli delle diverse ambasciate presenti a Roma; l'Italia, che pure ha un patrimonio agricolo da difendere e promuovere, a livello internazionale, nonostante una promessa solenne dell'attuale Governo, non si è dotata ancora degli addetti agricoli.
Dobbiamo essere più fermi e più credibili anche a livello nazionale: veniva fatto l'esempio dell'articolo 69, noi abbiamo uno strumento importantissimo per premiare gli agricoltori che vogliono fare qualità. Noi ci siamo trovati lo scorso anno, con tutte le altre organizzazioni, insieme con il Ministro, a prendere atto che non era possibile fare nulla perché mancano dei punti di riferimenti certi, i cosiddetti disciplinari di produzione. Abbiamo assunto l'impegno di utilizzare la proroga 2005, perché non si poteva fare a meno di utilizzare queste risorse, ma abbiamo anche chiesto (eravamo a settembre) di aprire un tavolo per non rischiare di arrivare a settembre 2005 e chiedere una ulteriore proroga. Siamo ormai a giugno e quel tavolo non è stato ancora aperto, la Cia è l'unica organizzazione che invoca l'apertura di quel tavolo per evitare, tra problemi di governo, problemi dell'economia in generale, di ritrovarci a settembre e prendere atto che non è possibile fare nulla e quindi l'Italia che vuole difendere la qualità, le Dop, le Igp, e così via, non riesce ad utilizzare in maniera positiva, attraverso le politiche degli incentivi e dei disincentivi, quegli agricoltori che vogliono impegnarsi a fare ulteriore qualità.
L'Italia è un Paese che ha le sue tradizioni, ha una forte produzione di qualità, ma la qualità non è cosa a sé stante, non si ferma una volta fatta, la qualità cambia nel tempo, ha bisogno, come la nostra organizzazione da tempo va sostenendo, di innovazione, di ricerca, perché così ci difendiamo anche sui mercati internazionali. La qualità non è solo nicchia, non è solo il sapore della tradizione, la qualità è soprattutto lo strumento che ci fa meglio competere con gli altri; gli agricoltori italiani e l'agricoltura italiana hanno dimostrato, come dicevo, una grande professionalità, vogliono misurarsi con questi problemi, dobbiamo quindi metterli nelle condizioni di poter competere e voler competere significa mettere al servizio dell'agricoltura, degli agricoltori, tutte quelle azioni di carattere legislativo e di carattere finanziario capaci di dare più certezza alle aziende agricole rispetto al loro futuro; quindi più servizi, servizi assicurativi, infrastrutture al servizio dell'agricoltura, altrimenti rischiamo, al di là di tutti i proclami, di perderla questa battaglia e di perderla anche all'interno dell'Unione europea.
Esaminando infatti i dati sull'andamento dell'annata agraria 2004, parliamo tanto di aggressione dei prodotti che vengono dall'estero o dei problemi legati all'euro che sicuramente ci sono, però, se guardiamo i mercati dei paesi di nuovo ingresso nell'Unione europea, e confrontiamo la situazione di oggi con quella pregressa, vediamo dei dati significativi: sui mercati di questi paesi noi abbiamo perso, nel 2004, soprattutto per ciò che riguarda l'ortofrutta, circa il 10% di questo mercato; quindi le opportunità che noi pensavamo di avere dall'allargamento non le abbiamo sapute cogliere e sono diventate di contro delle penalizzazioni.
Abbiamo notato che i Paesi che hanno aumentato le esportazioni, non sono i Paesi del bacino del Mediterraneo, Paesi terzi o Paesi del sud America, ma è la Spagna che ha l'euro come noi, che ha più o meno i nostri stessi prodotti, ma che evidentemente è molto più agguerrita per ciò che riguarda la valorizzazione del prodotto, la commercializzazione, la politica delle infrastrutture, l'organizzazione dei mercati.
Stiamo dunque attenti perché se non si interviene immediatamente con politiche ed azioni credibili, rischiamo di predicare la qualità, di invocare questa ricchezza, però di non fare poi le cose necessarie per sostenerla e difenderla, e questo non va solo a danno dell'agricoltura e degli agricoltori ma, per ciò che questi prodotti rappresentano, a danno dell'intera economia nazionale.
L'agricoltura ha rappresentato, rappresenta e rappresenterà certamente una occasione importante per fare più ricco e più progredito questo Paese: sta a noi, cogliere questa opportunità con politiche credibili e con il mantenimento degli impegni; noi molto ci aspettiamo dall'impegno preso dal ministro Alemanno di svolgere la Conferenza nazionale sull'agricoltura e lo sviluppo rurale, che è stata proposta proprio dalla nostra organizzazione. Mi auguro che questa conferenza non divenga una passerella di carattere politico per la maggioranza o la minoranza, visto l'approssimarsi della scadenza elettorale: sarebbe un'altra occasione persa. Dobbiamo invece coinvolgere in maniera credibile i soggetti rappresentativi di interessi, il mondo della ricerca.
I Dop, gli Igp e gli Stg italiani sono prodotti che rappresentano la punta di diamante, in termini di qualità, nel panorama agroalimentare europeo. Per l'Italia queste produzioni non hanno solo un rilevante aspetto economico – lo scorso anno il valore alla produzione delle denominazioni italiani ha toccato i 5 miliardi di euro, contro i 3,9 miliardi della Francia e gli appena 0,7 dei prodotti Dop ed Igp spagnoli – ma anche un forte valore economico indotto, un valore sociale, ambientale, culturale, come è stato messo in evidenza nella prima parte di questa giornata.
La tutela delle denominazioni, la loro protezione nei confronti delle contraffazioni e delle imitazioni, è quindi un fatto di vitale importanza per il nostro paese: oggi la tutela è assicurata all'interno dell'Unione Europea; l'attenzione si sposta quindi sui mercati internazionali, che, in una fase di consumi interni stagnante o addirittura recessiva, costituiscono lo sbocco vitale per queste produzioni.
Pervenire quindi ad un registro multilaterale delle indicazioni geografiche rappresenta per il nostro paese una assoluta priorità.
La tutela delle indicazioni geografiche però non è solo necessaria per la tutela dei nostri prodotti: è un tema che si lega a questioni di grande e generale rilevanza, come la diversificazione produttiva, la valorizzazione delle risorse territoriali ed umane locali, gli interessi dei consumatori; esse possono costituire degli utili strumenti per proteggere e far crescere conoscenze e capacità locali, per preservare risorse naturali e per favorire la diversificazione produttiva.
La tutela delle indicazioni geografiche è quindi nell'interesse dei consumatori e dei produttori, non solo in Europa, ma in ogni parte del mondo: l'esistenza di una organizzazione internazionale come Origin, che rappresenta gruppi di produttori di indicazioni geografiche di tutto il mondo lo testimonia.
E' per questo che l'Unione Europea dovrebbe riprendere con forza – anche sulla scorta del recente pronunciamento del WTO – il tema delle indicazioni geografiche, proponendo con convinzione la propria visione ed il proprio impianto normativo, che all'attualità è quello più maturo e che poggia sui criteri più rigorosi, non già come modello da imporre, ma sul quale conquistare il consenso degli altri paesi.
Per raggiungere questo obiettivo bisognerà adottare una strategia che affianchi alla necessaria azione negoziale sui tavoli del WTO, una forte iniziativa politica e culturale che permetta di far conoscere il nostro modello di protezione delle indicazioni geografiche.
Io sono sicuro che iniziative come quella che oggi la Confederazione Italiana Agricoltori ha realizzato, vadano in questa direzione, e, stimolando una azione di confronto e di chiarimento, contribuiscano alla ricerca di soluzioni.
Voglio fare un esempio evidente: le ambasciate hanno gli addetti agricoli, abbiamo qui oggi gli addetti agricoli delle ambasciate australiana e del Sud Africa; mi capita spesso di dialogare con gli addetti agricoli delle diverse ambasciate presenti a Roma; l'Italia, che pure ha un patrimonio agricolo da difendere e promuovere, a livello internazionale, nonostante una promessa solenne dell'attuale Governo, non si è dotata ancora degli addetti agricoli.
Dobbiamo essere più fermi e più credibili anche a livello nazionale: veniva fatto l'esempio dell'articolo 69, noi abbiamo uno strumento importantissimo per premiare gli agricoltori che vogliono fare qualità. Noi ci siamo trovati lo scorso anno, con tutte le altre organizzazioni, insieme con il Ministro, a prendere atto che non era possibile fare nulla perché mancano dei punti di riferimenti certi, i cosiddetti disciplinari di produzione. Abbiamo assunto l'impegno di utilizzare la proroga 2005, perché non si poteva fare a meno di utilizzare queste risorse, ma abbiamo anche chiesto (eravamo a settembre) di aprire un tavolo per non rischiare di arrivare a settembre 2005 e chiedere una ulteriore proroga. Siamo ormai a giugno e quel tavolo non è stato ancora aperto, la Cia è l'unica organizzazione che invoca l'apertura di quel tavolo per evitare, tra problemi di governo, problemi dell'economia in generale, di ritrovarci a settembre e prendere atto che non è possibile fare nulla e quindi l'Italia che vuole difendere la qualità, le Dop, le Igp, e così via, non riesce ad utilizzare in maniera positiva, attraverso le politiche degli incentivi e dei disincentivi, quegli agricoltori che vogliono impegnarsi a fare ulteriore qualità.
L'Italia è un Paese che ha le sue tradizioni, ha una forte produzione di qualità, ma la qualità non è cosa a sé stante, non si ferma una volta fatta, la qualità cambia nel tempo, ha bisogno, come la nostra organizzazione da tempo va sostenendo, di innovazione, di ricerca, perché così ci difendiamo anche sui mercati internazionali. La qualità non è solo nicchia, non è solo il sapore della tradizione, la qualità è soprattutto lo strumento che ci fa meglio competere con gli altri; gli agricoltori italiani e l'agricoltura italiana hanno dimostrato, come dicevo, una grande professionalità, vogliono misurarsi con questi problemi, dobbiamo quindi metterli nelle condizioni di poter competere e voler competere significa mettere al servizio dell'agricoltura, degli agricoltori, tutte quelle azioni di carattere legislativo e di carattere finanziario capaci di dare più certezza alle aziende agricole rispetto al loro futuro; quindi più servizi, servizi assicurativi, infrastrutture al servizio dell'agricoltura, altrimenti rischiamo, al di là di tutti i proclami, di perderla questa battaglia e di perderla anche all'interno dell'Unione europea.
Esaminando infatti i dati sull'andamento dell'annata agraria 2004, parliamo tanto di aggressione dei prodotti che vengono dall'estero o dei problemi legati all'euro che sicuramente ci sono, però, se guardiamo i mercati dei paesi di nuovo ingresso nell'Unione europea, e confrontiamo la situazione di oggi con quella pregressa, vediamo dei dati significativi: sui mercati di questi paesi noi abbiamo perso, nel 2004, soprattutto per ciò che riguarda l'ortofrutta, circa il 10% di questo mercato; quindi le opportunità che noi pensavamo di avere dall'allargamento non le abbiamo sapute cogliere e sono diventate di contro delle penalizzazioni.
Abbiamo notato che i Paesi che hanno aumentato le esportazioni, non sono i Paesi del bacino del Mediterraneo, Paesi terzi o Paesi del sud America, ma è la Spagna che ha l'euro come noi, che ha più o meno i nostri stessi prodotti, ma che evidentemente è molto più agguerrita per ciò che riguarda la valorizzazione del prodotto, la commercializzazione, la politica delle infrastrutture, l'organizzazione dei mercati.
Stiamo dunque attenti perché se non si interviene immediatamente con politiche ed azioni credibili, rischiamo di predicare la qualità, di invocare questa ricchezza, però di non fare poi le cose necessarie per sostenerla e difenderla, e questo non va solo a danno dell'agricoltura e degli agricoltori ma, per ciò che questi prodotti rappresentano, a danno dell'intera economia nazionale.
L'agricoltura ha rappresentato, rappresenta e rappresenterà certamente una occasione importante per fare più ricco e più progredito questo Paese: sta a noi, cogliere questa opportunità con politiche credibili e con il mantenimento degli impegni; noi molto ci aspettiamo dall'impegno preso dal ministro Alemanno di svolgere la Conferenza nazionale sull'agricoltura e lo sviluppo rurale, che è stata proposta proprio dalla nostra organizzazione. Mi auguro che questa conferenza non divenga una passerella di carattere politico per la maggioranza o la minoranza, visto l'approssimarsi della scadenza elettorale: sarebbe un'altra occasione persa. Dobbiamo invece coinvolgere in maniera credibile i soggetti rappresentativi di interessi, il mondo della ricerca.
I Dop, gli Igp e gli Stg italiani sono prodotti che rappresentano la punta di diamante, in termini di qualità, nel panorama agroalimentare europeo. Per l'Italia queste produzioni non hanno solo un rilevante aspetto economico – lo scorso anno il valore alla produzione delle denominazioni italiani ha toccato i 5 miliardi di euro, contro i 3,9 miliardi della Francia e gli appena 0,7 dei prodotti Dop ed Igp spagnoli – ma anche un forte valore economico indotto, un valore sociale, ambientale, culturale, come è stato messo in evidenza nella prima parte di questa giornata.
La tutela delle denominazioni, la loro protezione nei confronti delle contraffazioni e delle imitazioni, è quindi un fatto di vitale importanza per il nostro paese: oggi la tutela è assicurata all'interno dell'Unione Europea; l'attenzione si sposta quindi sui mercati internazionali, che, in una fase di consumi interni stagnante o addirittura recessiva, costituiscono lo sbocco vitale per queste produzioni.
Pervenire quindi ad un registro multilaterale delle indicazioni geografiche rappresenta per il nostro paese una assoluta priorità.
La tutela delle indicazioni geografiche però non è solo necessaria per la tutela dei nostri prodotti: è un tema che si lega a questioni di grande e generale rilevanza, come la diversificazione produttiva, la valorizzazione delle risorse territoriali ed umane locali, gli interessi dei consumatori; esse possono costituire degli utili strumenti per proteggere e far crescere conoscenze e capacità locali, per preservare risorse naturali e per favorire la diversificazione produttiva.
La tutela delle indicazioni geografiche è quindi nell'interesse dei consumatori e dei produttori, non solo in Europa, ma in ogni parte del mondo: l'esistenza di una organizzazione internazionale come Origin, che rappresenta gruppi di produttori di indicazioni geografiche di tutto il mondo lo testimonia.
E' per questo che l'Unione Europea dovrebbe riprendere con forza – anche sulla scorta del recente pronunciamento del WTO – il tema delle indicazioni geografiche, proponendo con convinzione la propria visione ed il proprio impianto normativo, che all'attualità è quello più maturo e che poggia sui criteri più rigorosi, non già come modello da imporre, ma sul quale conquistare il consenso degli altri paesi.
Per raggiungere questo obiettivo bisognerà adottare una strategia che affianchi alla necessaria azione negoziale sui tavoli del WTO, una forte iniziativa politica e culturale che permetta di far conoscere il nostro modello di protezione delle indicazioni geografiche.
Io sono sicuro che iniziative come quella che oggi la Confederazione Italiana Agricoltori ha realizzato, vadano in questa direzione, e, stimolando una azione di confronto e di chiarimento, contribuiscano alla ricerca di soluzioni.